Persone Sole

LA PRESENZA COME CURA DELLA SOLITUDINE 

L’obiettivo del progetto è favorire le relazioni umane e la vicinanza verso persone che soffrono la solitudine attraverso la compagnia, l’assistenza domiciliare e servizi di prossimità.

La logica che sottende il progetto è quella della nascita di una rete contro la solitudine e l’inclusione delle persone sole nel tessuto sociale e nella propria comunità di riferimento. Inoltre, il coinvolgimento di volontari, preferibilmente giovani, è fondamentale per creare uno scambio diretto tra vecchie e nuove generazioni, tra persone solitamente distanti nella società come i normodotati e i disabili o tra i sani e i malati. In questo modo categorie sociali solitamente tenute distanti possono incontrarsi in momenti di compagnia in cui superare la condanna sociale alla solitudine.

La Fondazione vuole essere facilitatrice di relazioni umane: favorire l’avvicinamento tra i volontari e le persone sole e guidarle in una relazione umana e sociale che poi camminerà con le proprie gambe.

Con questo progetto si vuole ridare dignità a tutte le persone della società, coinvolgendo soprattutto quelle solitamente escluse e sole, ma si vuole anche offrire ai volontari la possibilità di arricchire il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze, entrando in contatto con persone che difficilmente avranno modo di conoscere nella loro quotidianità. Conoscere con momenti così delicati della vita come lavecchiaia, la disabilità o la malattia li renderà non solo più responsabili di fronte agli altri, ma anche più consapevoli della propria dimensione umana e sociale.

Infine, l’incontro tra queste persone sarà un’occasione per conoscere l’altro, ma anche la sua storia e aspetti della vita comunitaria prima sconosciuti. È il caso, ad esempio, dell’incontro con le persone anziane, portatrici di un bagaglio di conoscenze e saperi da scoprire, per entrare in contatto anche con la cultura locale e le tradizioni. Lo stesso può avvenire con persone che vivono quotidianamente la disabilità o la malattia e che sono destinate spesso a non poter condividere le proprie emozioni e la propria condizione. Mentre si raccolgono storie e si recuperano pezzi di vita e di cultura locale, si innalza la qualità della vita delle persone che non sono più emarginate, ma valorizzate.

Questo progetto è un’occasione per i volontari di ascoltare e raccogliere storie di vita che entreranno a far parte del loro bagaglio personale di insegnamenti e memoria. Entreranno a contatto con storie considerate “minori”, che non sono ricordate nei libri di storia, ma che fanno parte anch’esse della storia e sono patrimonio di una comunità.

Il volontario deve avere una forte empatia nei confronti dell’ “amico fragile”, una persona che per diverse ragioni come la malattia, la disabilità o la vecchiaia non è pienamente libera di avere relazioni umane paritarie e libere e vive in una condizione di solitudine.

L’attività del progetto è umanitaria: far emergere l’umanità sia dal volontario che dall’utente, cercando di instaurare una relazione basata sulla comunicazione autentica. Il volontario deve essere abile a costruire e gestire relazioni anche fra e con i diversi interlocutori coinvolti con il servizio di animazione per anziani (anziani, famiglie, collaboratori ecc.) Deve cercare, inoltre, di declinare la comunicazione in base alla persona che si ha di fronte e comprenderne le diverse sensibilità, valutando in maniera adeguata le capacità comunicative e relazionali del soggetto.

Il volontario cercherà di favorire non solo il rapporto a due con l’utente, ma anche il recupero e lo sviluppo delle potenzialità personali, dell’inserimento e della partecipazione sociale dei soggetti, condividendo problematiche ed esperienze vissute.